Tradizioni e ambiente locale



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Una tragedia bianca-rossa, catto - comunista, già scritta nel 1992

Combustore? Politecnico , Arpa ni, Legambiente no

(a.l) - E' emerso il rapporto dell'Arpa dove si afferma che almeno in certi periodi il termocombustore non è stato sicuro e che la sua gestione è inadeguata. Ma il Politeecnico in un' indagine afferma il contrario. mentre da tempo Legambiente ne chiede l'alt contrastando la posizione del governo che lo inserisce negli impianti strategici.

La verità è una sola: quest'impianto fu realizzato a tutti i costi dallaamministrazione Garini - Tadioli con un affidamento alle cooperative rossse emiliane riunite nel gruppo Cardenas, sopravvalutando in extremis con parametri trascurabili il combustore proposto dalla Ansaldo - Volund. Questo combustore di matrice catto-comunista è in realtà il peggio che si potesse realizzare e da qui derivano tutti i guai che vengono più o meno a galla, compresa una certa protervia istituzionale e affaristica che d'altronde continua a manifestarsi a Cremona a poposito di altre questioni scottanti in campo ambientale, sulle quali cattivi giornalisti (anche) non hanno il coraggio di scrivere.

I dati incredibili che portarono alla costruzione dell'impianto e che sono alla base di tutti i suoi guai? Li denunciai, unico e solitario, su "Mondo Padano" sin dal 1992. Andate a rivedere, se credete. Ma per favore, non si faccia ambientalismo unicamente quando è comodo e non spiace ai padroni della città.

Bordo: il governo contro la dismissione del combustore di Cremona

Riceviamo e pubblichiamo: "Il Governo, tramite il Ministro dell'Ambiente Galletti, ha risposto per iscritto alla mia interrogazione in merito alle sorti dell'inceneritore di Cremona e alla necessità di rispettare la volontà dei cittadini di Cremona che da tempo chiedono la chiusura dell'impianto.
La risposta è datata 4 agosto, ma solo ieri mi è stata recapitata alla Camera dei Deputati.
Il Contenuto della risposta è grave e pesante, infatti il Governo Renzi ha sancito di ignorare il percorso di dismissione dell'inceneritore di Cremona e gli sforzi fatti non solo dalla Città di Cremona, ma da tutti i 115 Comuni della Provincia che con tempi diversi, da oltre 15 anni sono impegnati nel progressivo aumento della percentuale di rifiuti avviati al recupero e al riciclo, al fine di rendere ambientalmente sostenibile il ciclo di smaltimento dei rifiuti, sostenibilità da realizzarsi anche con la dismissione degli inceneritori.
Questa decisione del Governo che ha scelto di passare sopra tutto e tutti è un grave atto contro la sovranità degli enti pubblici territoriali, che più di tutti sono chiamati a farsi realizzatori della volontà dei cittadini, e che a Cremona stanno guidando la Città verso la creazione di un ciclo virtuoso dei rifiuti, con una consistente riduzione del rifiuto non riciclabile da smaltire in discarico o in inceneritore.
Il Governo non solo comunica che l'impianto non si potrà chiudere, ma decide in totale solitudine che i cittadini Cremonesi, che lo vogliano o meno, dovranno respirare i fumi di smaltimento di 58.000 tonnellate annue di rifiuti fino al 2024, provenienti da tutto il Paese.
Cremona quindi diverrà un braciere di rifiuti di ogni provenienza, con grande disinteresse da parte del Governo Renzi della salute e della volontà dei cittadini cremonesi, con assoluto disinteresse per l'Amministrazione Comunale e gli sforzi messi in atto per avviare le procedure di spegnimento dell'impianto, con altrettanto disinteresse per tutte quelle Associazioni che hanno proposto e sostengono soluzioni alternative tecnicamente sostenibili. On. Franco Bordo
"

Il combustore, tanti misteri che vengono da lontano e che furono denunciati puntualmente da "Mondo Padano" anticipando nel 1992 la inattesa vittoria di De Cardenas, il gruppo di cooperative emiliane che piaceva molto alla sinistra

Una vicenda tutta paradossale

Ecco l'ultimo capitolo di una storia densa di misteri sin da quando la Giunta Garini- Tadioli decise di costruire il combustore bruciarifiuti. L'ultimo mistero è la risposta che Linea Reti Impianti, AEM e LGH hanno dato alla richiesta di chiarezza avanzata dalla Giunta Galimberti sullo studio che il consiglio comunale ha richiesto riguardo alla funzionalità dell'impianto.

Lo studio non c'è: è stata questa la risposta del Presidente di Linea Reti e Impianti Michelangelo Gaggia . Dello stesso tenore la lettera pervenuta dal Presidente di Aem Massimo Siboni che dichiara: “il documento non è in possesso di codesta società né in bozza, né in forma definitiva e nessun componente del Consiglio di Amministrazione attuale ha avuto rapporti con la Società Leap”. Il documento, questa la risposta del Presidente di Lgh Alessandro Conter, “non è a oggi in alcun formato nelle nostre disponibilità”.

La vicenda combustore si trascina fin dalla gara di appalto quando Mondo Padano allora diretto da Antonio Leoni rivelò clamorosamente e con netto anticipo sulla decisione finale della commissione presieduta da Renzo Rebecchi che la vittoria stava andando verso la De Cardenas, il gruppo di aziende dove primeggiavano le cooperative emiliane e che per loro natura non potevano non godere di simpatia (non si parla ovviamente di interventi fraudolenti) in una giunta che rovesciando la lunga presenza di Zaffanella vedeva improvvisamente al governo della città la sinistra ex comunista, grazie al voltafaccia inatteso di alcune correnti della DC.

Fu una notizia tanto clamorosa quella di Mondo Padano che si parlò persino , al proposito, di una possibile turbativa prodotta dal settimanale.. Accusa del tutto infondata e che infatti non ebbe seguito.

Mondo Padano potè sostenere (e noi abbiamo potuto continuare a sostenerlo in seguito) che Cremona gestisce un impianto che certamente non brilla per la sua qualità. Il fatto è che De Cardenas vinse la gara eppure non possedeva il cuore dell'inceritore, il bruciatore, a differenza dell'Ansaldo che invece aveva acquisito la danese Volund e con questa i bruciatori di rifiuti più all'avanguardia ed efficienti del momento. Ansaldo minacciò addirittura un ricorso in tribunale, ma poi si aggiudicò l'impianto di Brescia e la minaccia venne lasciata cadere.

La successive fasi dell'impresa rivelarono quanto fosse stata azzardata la scelta della De Cardenas che puntualmente vinse la gara, come sosteneva con un prudente interrogativo Mondo Padano, a scapito di Aerimpianti - Ansaldo largamente in testa nei punteggi inequivocabili (cioè quelli legati ai dati) e battuta sulla linea del traguardo di soli 0,22 centesimi, una inezia in una gara dove tre punti (ad esempio sulle opere civili: 3 punti ottenuti dalla vincitrice, contro 0,75 ottenuti da Ansaldo, come si evince dalla tabella riassuntiva dei punteggi che pubblichiamo qui sotto) hanno potuto fare la differenza. Orbene, pensare che l'Ansaldo non potesse realizzare un' opera civile meglio di De Cardenas a lume di logica non è ancor oggi comprensibile. Ma c'è di più, il gruppo De Cardenas incorse in guai finanziari pesantissimi e i tempi di realizzazione dell'impianto furono a torto o ragione ben, ben più lunghi di quelli prospettati nel capitolato.

Tutto ciò per dare ragione alla saggezza popolare e cioè che il buon (o cattivo...) tempo si vede dal mattino, oppure chi è causa del suo mal pianga se stesso. Galimberti o no.

Per un inceneritore che deve spegnersi, un altro attende il pieno ritmo

Si tratta dell'impianto che brucia biomasse legnose - Un esposto in procura che non si trova - LGH ha nuove strategie?

L'ammministrazione Garini - Tadioli realizzò un pessimo inceneritore. Ed ora continua a infuriare la polemica se debba essere dismesso subito o no. Il dibattito ha distolto l'attenzione da un altro inceneritore, quello a biomasse legnose. Eccolo allo stato attuale nella foto di Antonio Leoni. Sorge in zona popolata, senza che neppure gli abitanti circostanti di Bosco ex Parmigiano ne sappiano qualcosa, immaginiamoci il resto dei cittadini cremonesi. Se entrasse in funzione a pieno regime, sono previsti impatti riguardanti il rumore, consumi di acqua, traffico (si pensi all'esponenziale aumento dei mezzi per il rifornimento della centrale) , incremento delle PM 10. Le PM10 sono un problema reale e gravissimo della città, ma la lotta contro resta ancora semplicemente dimostrativa.

I permessi per questo inceneritore non hanno toccato la procedura obbligatoria nazionale di VIA trattandosi di una potenza termica a regime di 4 MV termici, ben al disotto dei 300 MV termici per i quali sarebbe stato invece obbligatorio l'intervento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con l’apposita Commissione (VIA) integrata da membri esperti dell’ANPA, ENEA, ISPELS, ISS, CNR, VV.FF, e da tre membri designati dalla regione.
Il maggior impegno è costituito dalla necessità di raffreddamento del condensatore della turbina. In particolare per quanto riguarda l’ossido di carbonio (CO) si agisce sui parametri di combustione rendendola ottimale, mentre per la riduzione degli ossidi di azoto (NOx) oltre che sul controllo delle temperature di combustione, si agisce attraverso reazioni chimiche attivate da particolari sostanze catalizzatrici.
La riduzione delle polveri è invece ottenuta con l’impiego di un multiciclone separatore per l’abbattimento della granulometria più grande, seguito dal filtro a manica per la granulometria più fine allo scopo di ottenere il contenimento dei livelli emissivi delle stesse al disotto dei limiti normativi.
Possono anche essere previsti sistemi di abbattimento gas acidi (HCl, SO2) tramite iniezioni di bicarbonato di sodio ed un sistema di abbattimento dei microinquinanti organici mediante iniezione di carbone attivo. L’esercizio della centrale produce in ogni caso una importante quantità di rifiuti solidi costituiti pressoché esclusivamente dalle ceneri di combustione del cippato di legno e dai sistemi di filtrazione per le polveri.
Per queste ragioni, in linea generale, non sono consigliate installazioni di centrali a biomasse in prossimità di aree popolate.C’è una richiesta di avvio indagine inviata nel dicembre 2012 al settore Ambiente della Provincia e alla Regione dai vari esponenti del mondo ambientalista cremonese e dai rappresentanti del Movimento 5 Stelle Andrea Tegagni, Saverio Brigati, Vittorio Mancuso.

L’esposto alla Procura risulta smarrito: lo avevano presentato il gruppo Luci, il coordinamento comitati ambientalisti Lombardia, Condotta Slow Food, Salviamo il Paesaggio, il comitato No inceneritori, e alcuni cittadini privati. L’esposto non si trova più da due anni, le richieste di accesso agli atti sono state respinte e al loro posto ecco in aprile, da parte del centrosinistra, il rinnovo del contratto fra il Comune di Cremona e Linea Energia. Dopo il cambio di colore delle amministrazioni nulla cambia. La rioganizzazione di LGH approda a novità?

Le biomasse arrivano dalle province di Pavia, Bergamo Brescia, Lodi e Cremona, le zone in cui è attiva Lgh; i materiali bruciati consistono in legname derivante da sfalci e potature, cassette servite per frutta o verdura, bancali.

Ultimo giorno di vento sulla pianura padana, gli appennini si rivelano alla curva per Bonemerse (foto di Antonio Leoni ©)

Un libro denuncia: Valle del Po, brown cloud e lo strazio della monocoltura, agricoltura morta, una macchia rossa sulla carta del mondo: chi ha colpa?

Due giornate ventose hanno portato il fotografo a una visione della pianura padana come si ammira sempre più raramente. Ma d'estate l'ozono, di inverno le PM10. Da anni un incredibile incremento della brown clud, la nube marrone. Cos'è mai? Ecco un libro che ci fa molto riflettere. Vivivamo in Lombardia, la regione che si pubblicizza come leader non solo in Italia. Eppure come viviamo? Respirare è vivere.

Ecco un viaggio tra i veleni d’Italia, dal catino della Pianura Padana ai petrolchimici di Gela e Marghera, tra città a misura di automobile e fiumi che riversano in mare veleni. L’ambiente può anche essere una risorsa per il nostro benessere: lo testimoniano gli sforzi di urbanisti e agricoltori biologici, delle mamme antismog e dei gruppi di ciclisti.

Perché se è vero che la salute è abbozzata nei nostri geni, è altrettanto vero che essa viene scritta dalle nostre scelte, dal cibo che mangiamo e da come decidiamo di custodire l’ecosfera in cui viviamo.
E qui proprio noi cremonesi dobbiamo guardarci intorno. Non solo le PM, non solo le falde inquinate. Cremona è al centro della Valle del Po. Che significa?


Le Edizioni Ambiente hanno da tempo mandato in libreria "Polveri & veleni. Viaggio tra salute e ambiente in Italia" di Luca Carra e Margherita Fronte (pp 205, Euro 12). E'una ennesima pesante denuncia, un vero grido di dolore che ci riguarda da vicino. Al centro del disastro l'avvilimento dell'agricoltura, le monocolture. Ne anticipiamo alcune riflessioni.

"Fra le aree del pianeta più inquinate c'è la Valle del Po. Uno smog, quello a base di ammoniaca, che deriva principalmente dagli scarti azotati provenienti dagli allevamenti animali (39 per cento), ma anche dalla volatilizzazione dei fertilizzanti (17) e dalle colture agricole (7). La pianura padana è la patria degli allevamenti intensivi: la carne macellata finisce sul piatto, ma i liquami del bestiame (pari a 190 mila tonnellate all'anno), per un verso o per l'altro finiscono nel Po e da lì nell'Adriatico, non a caso periodicamente foderato d'alghe.
(...) La discesa del Po fino al 'lago Adriatico" si trova a fare i conti con 6,2 milioni di bovini e 6,8 milioni di ovini, l'equivalente di una popolazione aggiuntiva di 137 milioni di persone. Nitrati, fosfati e metalli pesanti sono solo alcune delle sostanze che vengono così riversate nei fiumi. I nutrienti aumentano, le alghe e i batteri proliferano, l'ossigeno diminuisce. Gli ambienti acquatici diventano asfittici e tossici e gli organismi più sensibili non ce la fanno. La biodiversità si riduce...

Al contributo delle deiezioni animali si sommano poi fertilizzanti e pesticidi utilizzati per far crescere le monocolture agricole. In Italia si parla di 150 mila tonnellate di prodotti fitosanitari consumati ogni anno, suddivisibili in 400 principi attivi. Non stupisce quindi che l'Agenzia nazionale di protezione ambientale italiana abbia trovato nei corsi d'acqua italiani oltre 100 inquinanti tra erbicidi, insetticidi e fungicidi.


Quella che se la vede peggio è di nuovo la Val Padana: sulle mappe di rilevamento dell'Ispra, il bacino idrografico del Po è costellato di pallini rossi, uno per ogni sito in cui i livelli di contaminazione sono superiori ai limiti consentiti. Le tracce molecolari dell'inquinamento portano prima di tutto alla terbutilazina, l'erbicida più diffuso nelle acque di superficie, e all'atrazina, vietata in Italia dal 1990 ma ancora presente in grandi quantità nelle acque per la sua alta persistenza ambientale.

E La Lombardia è la regione con i livelli di contaminazione delle acque superficiali più elevati dell'intero bacino del Po.
Nelle foto :

Si chiama «Po Valley Brown Cloud», la spessa nube marrone che si stende come una «coperta» sulla Pianura Padana. Spicca addirittura nell'atlante della terra, in un raffronto con il resto del mondo.


«Incredibile ma vero: i pesci del Po stanno cambiando sesso». Non è una notizia della popolare rubrica della Settimana Enigmistica, ma l’esito di una ricerca scientifica dell’Irsa-Cnr, l’istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche. Una ricerca che ha evidenziato la presenza di «diversi esemplari di pesci con gonadi intersessuali», cioè contemporaneamente maschili e femminili. Il tutto, secondo la ricerca, sarebbe dovuto all’inquinamento del fiume, in particolare ai cosiddetti «interferenti endocrini» capaci di alterare il sistema dei vertebrati.L’attenzione è stata posta proprio sulla parte centrale del Po, dove sono stati ritrovati pesci con queste malformazioni, soprattutto a valle del fiume Lambro.

Le grandi inchieste de "Il Vascello": con i parametri di uno dei massimi esperti del CNR

Cremona centro di produzione di biocarburanti! Follia che accelerebbe la desertificazione del territorio e incrementerebbe l'emergenza idrica
(e adesso anche una minaccia dal biogas...)

Sotto ogni profilo, compreso quello economico, gli svantaggi sono enormi e particolarmente dove la monocultura agricola ha provocato danni forse irreversibili alla fertilità di uno dei territori più produttivi del mondo


Una inchiesta di Antonio Leoni

Si debbono incrementare nel territorio cremonese le coltivazioni di cereali per sostituire il petrolio con l'etanolo, presentato come l'esito di energie rinnovabili, la via d'uscita dallo strangolamento dei prezzi dei prodotti fossili? Ci sono almeno due motivi per rispondere negativamente.

Per produrre un litro di etanolo servono, nell'intero ciclo di produzione, ben 4560 litri di acqua. Come la mettiamo allora con i grandi lamenti degli agrari nella ricorrenti crisi idriche? Chi resiste a sostenere che bisogna comunque utilizzare il territorio per produrre biocarburanti, regge la sua richiesta sul fatto che l'acqua non costa niente. Ma si dovranno porre limiti e costi al suo utilizzo. E quando inevitabilmente accadrà, spenderemo ancora di più e in compenso ci resterà soltanto il disastro ambientale che le colture di soia o di mais intensive avranno incrementato.

La seconda ragione di una netta opposizione, infatti, è che in contraddizione con la affermata volontà di corrispondere a un impegno ambientalista, la produzione di biocarburanti promuove l'incremento della monocoltura - con un sostanziale aiuto degli OGM di produzione prevalentemente USA - ovvero di quella forma intensiva di produzione del mais e di altre colture vegetali che negli anni hanno prodotto una progressiva desertificazione del territorio cremonese (nei fatti, anche se non si vede) . L'impoverimemento è tale che può consentire a un tecnico illuminato come Cervi Ciboldi di asserire che occorrerebbero almeno trent'anni di interventi massicci e mirati per ripristinare la fertilità di un terreno che fu tra i migliori al mondo.

Qualcuno poco interessato ai problemi del territorio e dell'umanità potrebbe infischiarsene del tutto, sostenendo che se costa meno trainare qualche bella gnocca, a lui va benissimo. Non è così. Mi sostiene il parere di uno dei massimi esponenti del CNR nel campo, Pietro Porrino che dirige l'Istituto di Genetica Vegetale.

Quanto il cittadino eventualmente risparmirebbe, si scarica su altri prezzi, quelli degli alimentari ad esempio.
Le scorte mondiali di cereali stanno calando: nel 2000 bastavano ad alimentare l’umanità per 115 giorni, nel 2008 basteranno per 53 giorni. Otto anni di calo consecutivo, e il punto più basso nel mezzo secolo precedente.Il dato è del ministero dell’Agricoltura americano (USDA).
Quanto a Darry Qualman, esperto canadese (il Canada è fra i massimi produttori di granaglie) accusa varie cause: scarsità crescente di acqua, aumento della popolazione, degrado della fertilità dei terreni, rincaro dei fertilizzanti. Il tutto è peggiorato, appunto, dalla crescente produzione di bio-carburanti, che sottraggono le granaglie al consumo come alimento.

Per esempio, l’America destina ormai un quinto dei suoi raccolti di granturco alla produzione di etanolo, contro il 4% del 2000.

I prezzi del granturco sono raddoppiati nell’ultimo anno.
L’India è tornata ad essere una importatrice di frumento, per la prima volta dal 1975.

E la Cina è diventata deficitaria dal 2008.

Tutto ciò ha ricadute a catena nel settore finanziario. Si misura nelle nostre tasche la «ag-flation» o «food inflation», il rincaro inflazionistico dei  prodotti agricoli.

«L’agro-inflazione persistente indurrà le Banche Centrali europee a mantenere una politica monetaria restrittiva», dice Juergen Michels, analista economico per l’Europa al Citigroup. Come non bastasse la crisi dei mutui americani. Tutto ciò si accompagna ad un consumo esagerato di acqua che, come diremo poi, non può restare in eterno gratuita se si vuole contrastatre gi effetti della desertificazione del mondo.

Ma l'ambiente val bene un sacrificio. Allora eccoci a Pietro Porrino dell'Istituto di Genetica Vegetale del CNR. Qualcuno sostiene che si arriverà alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Porrino: “E’ una vera follia. Infatti, secondo numerosi studi, un litro di biocarburante, ottenuto, per esempio, da semi di colza (biodiesel) o da barbabietola da zucchero (bioetanolo), richiede più energia di quella fornita e il C liberato non è sensibilmente diverso da quello della benzina. I bilanci energetici ed i risparmi di C si fanno risultare positivi perché si ignorano, forse volutamente, i costi energetici e le emissioni di C relativi a: semina, fertilizzazioni, trattamenti, mietitura, trebbiatura, trasporto, conservazione, trasformazione, raffinazione, distillazione, infrastrutture e distribuzione. Attività che consumano carburanti fossili. I bilanci diventano ancora più negativi se i biocarburanti o la materia prima per produrli devono essere trasportati da un paese all’altro. E’ quanto già avviene".
"E’ chiaro, quindi, che i biocarburanti, presentati come prodotti agricoli, sono carburanti fabbricati quasi interamente con combustibili fossili.”.

Ed allora perchè gli USA hanno incrementato la produzione di biocarburanti?

Contro queste evidenze, in effetti, George W. Bush aveva previsto per il 2050 di sostituire il 30% della benzina consumata negli USA con biocarburanti; Tony Blair prevedeva di usare biocarburanti da olio di semi di ricino e di palma importati; l’UE ammette per il 2015 di arrivare all’8% di biocarburanti e sta coltivando piante bioenergetiche, garantendo sgravi fiscali, mentre la normativa sulla messa a riposo dei terreni (set-aside), indispensabile per conservare la biodiversità, rischia di essere ritirata per favorire le piante bioenergetiche, che farebbero risparmiare lo 0,3% d’emissioni di C. Queste valutazioni pessimistiche hanno spinto le industrie a produrre biocarburanti nei paesi del Terzo Mondo, dove, ora ci viene detto, c’è molta terra per piante bioenergetiche. Quando volevano favorire le colture geneticamente modificate c’è stato detto, invece, che non c’era abbastanza terra e che queste colture erano necessarie per sfamare il mondo. Ora, le Biotech le vogliono usare come bioenergetiche, sperando in meno regole da rispettare. La pressione sulla terra da parte di colture alimentari e bioenergetiche accelererà la deforestazione, il riscaldamento globale e l’aumento dei prezzi degli alimenti. I crediti di C chiesti dai paesi ricchi che importano biocarburanti sono falsi, in quanto l’emissioni vengono caricate ai paesi produttori del Terzo Mondo. Per questi ed altri motivi, i biocarburanti ottenuti dalle colture sono insostenibili”.

Come la mettiamo con le emissioni C?

“I biocarburanti ottenuti dalle colture sono stati promossi ed erroneamente percepiti come “C neutrali”, cioè come carburanti che non aggiungono all’atmosfera alcun gas serra; secondo i sostenitori bruciarli significherebbe semplicemente emettere nell’atmosfera l’anidride carbonica che le piante hanno assorbito dall’atmosfera durante il loro ciclo vitale. Ciò è falso, in quanto ignora i costi d’emissione di C e d’energia dei fertilizzanti e pesticidi usati per l’allevamento delle colture, l’uso delle attrezzature agricole, il processamento e la raffinazione dei prodotti agricoli, il trasporto e le infrastrutture per il trasporto e la distribuzione. Questi altri costi per la produzione d’energia ed emissioni di C possono essere piuttosto consistenti, specialmente se i carburanti sono prodotti in un paese per essere esportati in un altro, oppure, peggio ancora, se la materia prima, come l’olio di seme, è prodotta in un paese per essere rifinita in un altro. In generale i biocarburanti forniscono un bilancio energetico modesto o negativo, nell’arco del ciclo vitale della pianta. Infatti, quando il bilancio energetico è correttamente calcolato è quasi sempre negativo, il che significa che l'energia contenuta nel biocarburante è inferiore alla somma dell'energia spesa per produrla. È probabile che se includiamo tutti i costi anche il risparmio di C risulta ugualmente sfavorevole”.

Alcuni Paesi hanno però già fatto, e da anni, la scelta dei biocarburanti. Con quale vantaggio?

Le foreste tropicali rappresentano il serbatoio più ricco di C ed allo stesso tempo il più efficace bacino di raccolta di C del mondo. Le stime calcolano valori alti, tali come 418 t C/ha depositato e da 5 a 10 t C/ha sequestrato in un anno, di cui il 40 % è sotto forma di C organico. Il deposito di C durante la crescita di vecchie foreste sarebbe persino maggiore, e secondo un nuovo studio svolto nel Sud-Est della Cina, il C organico del suolo, solo nei primi 20 centimetri più superficiali del suolo di tali vecchie foreste, aumenta in media con una percentuale di 0,62 t C/ha ogni anno, in un periodo compreso tra il 1979 ed il 2003. Quando le foreste tropicali sono tagliate con una frequenza di più di 14 mila ettari all’anno, circa 5,8 Gt C (Giga: Miliardi di tonnellate) sono liberati nell'atmosfera, di cui solo una frazione viene risequestrata dalle piante.
Questa ulteriore pressione sulla terra svolta dalle colture bioenergetiche significherà ancora più deforestazione, maggiore accelerazione nel riscaldamento globale ed estinzione di specie.

Vaste estensioni della foresta Amazzonica in Brasile sono state già distrutte per coltivare soia destinata ad alimentare l'industria della carne. Aggiungere alla richiesta anche i biocarburanti di soia causerebbe la morte dell’intera foresta. Allo stesso tempo, piantagioni di canna da zucchero che alimentano l’enorme industria di bioetanolo del paese hanno invaso anche l’Amazzonia, anche se non tanto quanto la foresta Atlantica ed il Cerrado, un ecosistema di prateria molto bio-diverso, di cui due-terzi sono stati già distrutti o sono degradati.
La pressione sulle foreste in Malesia e Indonesia è ancora più devastante. Un Rapporto dell’Associazione “Amici della Terra”, Il Petrolio per un Pazzo Scandalo (The Oil for Ape Scandal) rivela che tra il 1985 ed il 2000 lo sviluppo di piantagioni di palme da olio
(nel disegno) fu responsabile, secondo una stima, dell’87 % di deforestazione in Malesia. In Sumatra e Borneo, sono stati distrutti 4 milioni di ettari di foreste per coltivare palme ed è stata programmata la deforestazione di altri 6 milioni di ettari in Malesia e 16.5 milioni di ettari in Indonesia”.
"La palma da olio ora viene considerata come “diesel da deforestazione”, in quanto la produzione di palma da olio in Indonesia e Malesia è proiettata ad aumentare drammaticamente con la febbre del biocarburante. E’ stato programmato che la produzione attuale mondiale di olio da palma, superiore a 28 milioni di tonnellate per anno, deve raddoppiare entro il 2020. La Malesia, leader nella produzione ed esportazione di olio da palma, sta per rendere obbligatoria la presenza del 5 % di diesel ottenuto da palma da olio entro 2008, mentre l'Indonesia prevede di dimezzare il suo consumo nazionale di petrolio entro il 2025, da rimpiazzare con biocarburanti. La Malesia e l'Indonesia hanno annunciato un impegno comune per cui ciascuna deve produrre 6 milioni di tonnellate di olio da palma greggio per anno per aumentare la produzione di biocarburanti”.

La produzione di etanolo provoca soltanto deforestazione?

Le colture bioenergetiche impoveriscono di minerali il suolo e riducono la sua fertilità, specialmente a lungo termine, rendendolo inadatto alla crescita di piante alimentari. Il trattamento dei rifiuti di tutti i biocarburanti ha degli impatti negativi e sostanziali sull'ambiente che devono ancora essere stimati e considerati adeguatamente. Sebbene alcuni biodiesel possano essere più puliti del diesel, altri non lo sono. La combustione del bioetanolo genera mutageni e cancerogeni e aumenta i livelli di ozono nell'atmosfera”

Nel cremonese la scelta prevalente per la produzione di biocarburanti sarebbe la coltivazione della soia....

La soia è certamente la scelta peggiore perché dà un bassissimo bilancio energetico e risparmio di C”

Qualche richiesta perché Cremona si impegni sull'etanolo corrisponde forse inconsapevolmente a una precisa sollecitazione degli agrari non solo cremonesi ed in generale anche del mondo industriale .

La stampa italiana riporta una serie di inesattezze, in parte dovute ad ignoranza ed in parte dovute a sponsorizzazioni da parte di imprese interessate alla costruzione di impianti di trasformazione o all’importazione o esportazione di biomasse o di prodotto finito. Imprese che guardano solo al profitto in tempi brevi. Sono biomasse le piante, i rifiuti industriali ed i rifiuti agricoli. Se si pensasse di utilizzare come fonte di energia i rifiuti industriali ed i rifiuti agricoli, escludendo le piante, allora i biocarburanti potrebbero essere i benvenuti, ma come già sottolineato le industrie sono invece interessate ad utilizzare soprattutto le piante.
Persino specialisti, uomini di cultura e soggetti politici di destra e di sinistra, male informati, incoraggiano l’uso delle piante per produrre biocarburanti, anche attraverso incentivi fiscali ad hoc. Quelli più spavaldi pensano addirittura di usare piante geneticamente modificate (GM), dimenticando tutti gli aspetti negativi delle piante transgeniche
.

Ma il problema energetico è sempre più incombente...

Lo scenario attuale mondiale offre al problema energetico diverse soluzioni alternative ai carburanti fossili e tutte rinnovabili o meno inquinanti o a basso impatto ambientale. Tra queste: l’energia idroelettrica, eolica, solare, oceanica, geotermica e l’uso di biomasse di scarto, che comprende i rifiuti organici urbani, industriali ed agricoli. L’unica soluzione intelligente al problema energetico ce la offre la natura, che suggerisce di conservare e riciclare le risorse naturali attraverso processi e ritmi accettabili. Un’altra fonte alternativa, di cui pochissimi parlano, è il risparmio. Infatti, ogni giorno assistiamo a comportamenti umani molto discutibili sull’uso delle risorse che la natura ci mette a disposizione: si tende più a sprecare che a risparmiare in un mondo spinto più a competere che a collaborare. Il futuro dell’uomo ed altre specie viventi dipende da come gestiremo quello che ci offre la natura e sino a questo momento i meccanismi biologici fondamentali ci insegnano che due sono le strategie della vita: conservare e riciclare. La ricerca dovrebbe essere indirizzata verso la produzione di biocarburanti utilizzando meglio i prodotti di scarto, tra cui quelli agricoli e specialmente la cellulosa. E’ quanto qualcuno sta pensando di fare ma al momento non trova finanziatori. I ricercatori e le imprese che hanno un codice etico dovrebbero far sentire di più la loro voce e le proprie ragioni ed opinioni”. (Nella fotografia di Antonio Leoni©: Una stazione di servizio di biocarburanti in Brasile, si noti lo stato di degrado del distributore di etanolo, i brasiliani si adeguano obtorto collo a una decisione del governo che sta distruggendo la foresta amazzonica).

Il quadro è desolante e lo diventa ancora più se si valuta che per il momento nessuno sembra prendere sul serio la necessità di andare almeno all'altro nodo del problema, quello che si può localmente affrontare. Parliamo delle spreco d’acqua. Sottoponiamo a metà di questo servizio. una tabella desolante: l’ Italia è tra i maggiori consumatori d’acqua del mondo. Paesi civilissimi dimostrano che si può e si deve fare meglio.
Eliminare lo spreco che deriva da impianti obsoleti di distribuzione, ma nel contempo occorre una corretta gestione delle acque reflue e di scarico. Solo questo provvedimento ha permesso ad una multinazionale come la Nestlè di risparmiare acqua pari a quattordicimila piscine olimpioniche.

L’agricoltura impegna gran parte dell’acqua estratta a livello mondiale, il 70 - 80%, ed il consumo è in continua crescita: occorrono 5000 tonnellate d’acqua per produrre un chilo di riso e circa 1200 per una tonnellata di grano. É indispensabile investire (e qualcuno lo ha fatto) in sistemi di irrigazione non dispersivi. Persino negli alimenti lo spreco è enorme. Due esempi tra i molti: per imbottigliare un litro di acqua minerale ne occorrono quasi due nel processo di produzione, per un litro di birra dai cinque ai sei litri. Vanno abbandonate proposte massacranti per il territorio.




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di Mar, 17 mag 2016